C'ERA UNA VOLTA

Ti racconto una storia...

C’era una volta un vecchio saggio. Il vecchio abitava in una piccola borgata in una valle lontana in una casa fatta di legno e pietre. Aveva vissuto molti anni e anno dopo anno era, a dir di tutti coloro che lo avevano incontrato, diventato più saggio. La sua saggezza era motivo delle tante visite che riceveva; in tanti, in ogni stagione, si recavano da lui per chieder consiglio su questo e su quell’argomento. Non c’era motivo di felicità più grande per lui; erano donne, uomini, famiglie, grandi e piccoli che salivano alla sua casa per raccontare la propria storia sperando in sagge parole. A tutti il vecchio donava l’ascolto e a tutti regalava una parola.

“Quanto è saggio”; così dicevan tutti.

Ma non era sempre stato così. Anni prima, tanti anni prima; quell’uomo era salito in valle e lì aveva costruito una piccola casa. Quell’anno l’inverno però aveva deciso di far sentire con rabbia la sua forza. Era stato un inverno cattivo. Aveva cercato di resistere in ogni modo. Si era preparato la legna per l’inverno ma non abbastanza e così quando sperava di aver superato le fredde notti si era ritrovato a patire come non mai.

Aveva deciso, allora, di tagliare l’albero che aveva di fronte a casa. Era un bell’albero che in primavera si colorava di bianco e d’estate si riempiva di bacche scure. Lo aveva sempre guardato con simpatia ma ora no! Ora aveva freddo! Ora doveva tagliarlo.

Non era una decisione saggia. Lo sapeva ma aveva freddo.

Uscì dalla casa e si diresse verso quell’albero con l’ascia. Stava per colpire il tronco quando un piccolo uccellino si posò su un ramo. Si fermò. Agitò le braccia per far volare via l’uccellino. Doveva tagliare l’albero, non voleva farlo ma doveva; ma non voleva far male a quella piccola creatura; ma doveva tagliare quell’albero. L’uccellino volò via. L’uomo alzò nuovamente l’ascia, ma, di nuovo comparve l’uccellino, su un altro ramo. L’uomo provò ancora una volta a cacciarlo. L’uccellino volò via. Per la terza volta l’uomo tentò di colpire il troncò e per la terza volta ecco l’uccellino. L’uomo era infreddolito, stanco e ora anche arrabbiato con quella piccola creatura. Aveva bisogno di quella legna. Sapeva che non era la legna giusta, che forse non lo avrebbe scaldato. Ma non sapeva che altro fare. Si lasciò cadere a terra, prendendosi la testa fra le mani e lasciando che una lacrima gli rigasse il volto. Dopo qualche attimo si sentì picchiettare il dorso della mano. Aprì gli occhi e vide l’uccellino davanti a sé. Lo guardò e si accorse che l’uccellino stava facendo la stessa cosa con la testa leggermente inclinata.

“Perché non mi lasci tagliare l’albero? Perché?” – urlò l’uomo ad alta voce.

“Perché se non lo farai ti farò un dono più grande di pochi ceppi di legna non stagionata!” – disse l’uccellino. Non era possibile aveva sentito una voce e quella voce proveniva dal becco di quell’uccellino. No! Non era possibile era un sogno, no! Era un incubo. Era il freddo. Stava diventando pazzo. Il freddo patito era stato troppo.

“Davvero, te lo ripeto, se non taglierai quest’albero io ti farò un grande dono!”

“Sto diventando pazzo!” – urlò l’uomo quasi a voler che tutta la Terra sentisse il suo sconforto.

“No, tranquillo, non stai diventando pazzo; ascoltami e io ti farò un grande dono”.

Non sapeva cosa pensare, non sapeva cosa fare eppure, in fondo al suo cuore, sentiva che quella poteva essere la decisione giusta. Ci pensò un attimo, un attimo che sembrò essere lungo giorni e poi disse: “Va bene, non taglierò quest’albero!”.

“Ti ringrazio” – disse l’uccellino – “La notte che verrà sarà l’ultima fredda notte di questo lungo inverno!”

“Questo è il dono?” – chiese l’uomo. “No” – rispose l’uccellino – “Oggi hai dimostrato di essere un uomo buono e giusto e da domani questa voce si spargerà per tutta la valle, la gente saprà che in questa piccola borgata alpina vive un uomo saggio capace di ascoltare”.

“Questo sarebbe il dono?” chiese quell’uomo – “Sì! Questo è il dono”, disse l’uccellino prima di volare via.

Tornato in casa, infreddolito e incredulo, cercò di coprirsi come meglio poteva per superare la notte. E si addormentò. La notte passò, arrivò la mattina che parve all’uomo men fredda, verso mezzogiorno sentì bussare alla porta, aprì; erano un uomo e una donna che avevano sentito che lì viveva un uomo saggio che poteva dar loro un consiglio. Li ascoltò, domandandosi tra sé e sé come mai avrebbe potuto aiutarli, e al termine del loro racconto cercando la risposta alle loro preghiere volse lo sguardo verso la finestra e vide il piccolo uccellino che lo guardava. Trovò, come per magia, le parole giuste e quell’uomo e quella donna ritrovarono la pace che tanto avevano cercato.

Non fu che il primo di tanti incontri, uomini, donne, grandi e piccoli che venivano da lui e magari si fermavano a passare un po’ del loro tempo alla tavola che sempre accoglieva volentieri viandanti e viaggiatori.

L’uccellino non parlò più all’uomo saggio ma continuò a stargli accanto, nei giorni, nei mesi e negli anni che seguirono, con il suo volare leggero, con il suo danzare tra le nuvole con il suo posarsi sui rami di quell’albero a beccare le bacche succose.

Oggi quell’uomo saggio non c’è più, non ci sono la moglie e i figli – ma questa è un’altra storia – però in quella valle potrete trovare i suoi pronipoti, una tavola – anzi più d’una – pronta ad accogliervi e sedendovi nel prato magari, con un po’ di fortuna, potrete, anche voi, vedere quell’ uccellino a cui il vecchio saggio aveva dato un nome nell’antica lingua che, da sempre, si parla in quella borgata alpina: lou pitavin.

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